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di Tommaso Silvi

L'AQUILA. La Corte di Appello dell’Aquila ha respinto il ricorso presentato dai legali della famiglia anglo‑australiana che viveva nel bosco di Palmoli, in provincia di Chieti. Rimane quindi valida l’ordinanza del Tribunale per i Minorenni, che lo scorso 20 novembre aveva disposto il trasferimento dei tre bambini in una struttura protetta a Vasto, insieme alla madre Catherine. La sentenza è arrivata dopo un’udienza documentale svolta da remoto, chiudendo così un primo fronte giudiziario, mentre altri procedimenti restano ancora aperti.
Le memorie della difesa
Gli avvocati Marco Femminella e Danila Solinas avevano depositato documenti per dimostrare un cambio di atteggiamento della famiglia: disponibilità ad adeguare l’abitazione, garantire la frequenza scolastica e completare il percorso vaccinale. Tuttavia, la Corte non ha ritenuto sufficienti questi elementi per superare le valutazioni già espresse dal Tribunale per i Minorenni.
La condizione dei minori
Secondo la tutrice Maria Luisa Palladino, i bambini mostrano gravi lacune educative: «non sanno leggere, stanno imparando ora l’alfabeto» e la maggiore, di otto anni, «sa scrivere il suo nome solo sotto dettatura». Una valutazione che contrasta con quanto attestato in precedenza da una scuola di Brescia.
Natale in struttura protetta
Con ogni probabilità i tre minori trascorreranno il Natale nella struttura di Vasto, dove la madre può stare con loro solo alcune ore al giorno. Al padre Nathan, che alterna la permanenza tra la casa nel bosco e un b&b messo a disposizione gratuitamente, è stato concesso di visitarli tre volte a settimana.
Le reazioni del governo
La vicenda ha suscitato grande attenzione mediatica. Non si è fatto attendere il commento del vicepremier Matteo Salvini, che ha definito la decisione «una vergogna»: «I bambini non sono proprietà dello Stato, devono crescere con l’amore di mamma e papà».
Così la ministra Eugenia Roccella: «E così, neanche per Natale i bambini della cosiddetta famiglia nel bosco potranno tornare a casa con mamma e papà. Di questa famiglia abbiamo letto tutto e di tutto, con un'intromissione di apparati dello Stato in scelte e stili di vita che ciascuno è libero di non condividere ma che ancora non si capisce cosa abbiano a che fare con una decisione, quella di separare i figli dai genitori, che dovrebbe essere assunta solo in casi estremi e di fronte a pericoli vitali. Abbiamo letto sui giornali le valutazioni dei magistrati e dei servizi sociali sulle potenziali conseguenze di abitudini e scelte educative, ma assai meno sembra che ci si preoccupi delle conseguenze psicologiche che l'allontanamento dalla famiglia può produrre su bambini così piccoli, e che sono destinate a durare. Non si tratta di contrapporre l'Eden del bosco al Moloch statale - scrive ancora Roccella -, ma di ribadire un concetto che troppo spesso ormai sembra essere dimenticato: gli allontanamenti dei minori devono essere un'extrema ratio, dettata da rischi gravissimi e immediati, non decisioni che, con tutto il rispetto, legittimano il sospetto che ci si trovi al tempo stesso di fronte a una deriva ideologica e a un arroccamento corporativo. Quando ci sono di mezzo i bambini non devono esistere né ideologie né corporazioni. Faremo tutto ciò che è possibile e che è necessario - conclude - per cambiare questo sistema, nel supremo interesse dei minori».