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La storia

L'aereo (Ita) meno inclusivo del mondo: sei sovrappeso? Devi cambiare posto - L'odissea di un teramano

La vacanza del giornalista Antonio D'Amore rovinata da un volo di ritorno fatto di situazioni paradossali e finita sulle cronache nazionali

Antonio D'Amore
Antonio D'Amore
di Alfredo Giovannozzi
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TERAMO. Una vacanza in Egitto con un gruppo di 25 persone che, proprio nel finale, diventa un incubo. È quanto è accaduto al giornalista teramano Antonio D’Amore, uno che, spesso e volentieri, viaggia insieme alla compagna di vita Elisabetta, altra giornalista.

Il check in

Tutto procede per il meglio: le piramidi, il nuovo GEM a Giza, Il Cairo e Alessandria d’Egitto. I tre giorni di vacanza passano e trascorrono lieti fino al momento della partenza. Ed è proprio in quel momento che la vacanza diventa un vero e proprio horror del turismo. Il racconto di D’Amore, uno che ha una corporatura che si nota, è dettagliato. «Arriviamo all’aeroporto, superiamo i controlli lunghissimi, uomini da una parte e donne dall’altra. Si sta facendo tardi e il nostro tour operator ci invita a fare il check in. Al banco di ITA, la principale compagnia aerea italiana, non ho la possibilità di chiedere il sedile vicino all’uscita di sicurezza, cosa che faccio sempre vista la mia stazza». Antonio è alto 1,90 e ha una corporatura «importante».

Il posto 34F

Per comodità solitamente sceglie il posto con maggior spazio. «Questa volta, visto la fretta, non c’è la possibilità di chiedere due posti vicino. Caso ha voluto che il mio posto fosse il 34F, proprio quello che avrei voluto mentre Elisabetta è stata sistemata dieci file dietro. Soddisfatto mi imbarco e mi siedo al posto assegnatomi e chiedo anche la prolunga della cintura. Il comandante saluta, come da prassi, e l’aereo inizia la fase di rullaggio». Fin qui, dunque, nulla di strano, l’aereo si muovo, nessuno può più alzarsi o cambiare posto e, invece, cosa accade? «che la responsabile di cabina con un’altra hostess si avvicinano, mi guardano, parlottano e mi dicono: lei non può stare qui perché c’è l’uscita e lei non permetterebbe agli altri, in caso di emergenza, di uscire». Una sorta di body shaming aereo.

La situazione peggiora con il passare dei secondi. «Ci alziamo in piedi e una chiede all’altra: mò dove lo metto. Alla fila 30 c’è il posto centrale dei tre libero. Mentre mi accompagnano lì, una delle hostess dice alla passeggera che siede vicino al posto che, per motivi di sicurezza, deve spostarmi lì. Per di più le chiede se accettasse di restare al mio fianco, altrimenti potrebbe spostarsi al posto lasciato libero da me. Nemmeno fossi un terrorista. La signora dice che non ci sono problemi».

Si decolla ma...

Una situazione sgradevole, imbarazzante, ma alla fine l’aereo decolla. «Arriviamo a Roma» continua il racconto di D'Amore, «sbarco dall’aereo, recupero il bagaglio, racconto l’accaduto e guardo, insieme all’organizzatrice le regole di volo di ITA. C’è scritto che non può stare seduto vicino all’uscita di sicurezza chi: non capisce l’inglese, chi assume farmaci ansiolitici, chi ha ridotte capacità uditive e chi è in sovrappeso con limitate capacità di movimento. Quindi le due hostess hanno deciso che io facessi parte parte di questa categoria».

"Un ciccione d'intralcio?"

E perché? «Perché, secondo ITA, le persone sovrappeso potrebbero rappresentare un intralcio per quel tipo di uscita. La mia domanda è: qual è il momento di uscita per me se dovesse accadere qualcosa? E le persone con una difficoltà motoria, quando dovrebbero uscire? Io pago il biglietto come gli altri e devo avere le stesse possibilità di salvezza degli altri. Se il ciccione è d’intralcio devo aspettare che escano tutti e io resto lì fermo? In questa maniera è negata a qualcuno la stessa possibilità rispetto agli altri».

Giusto tutto questo ma la cosa che ha dato più fastidio qual è stata? «L’atteggiamento. Mi avrebbero potuto chiamare a parte, dirmi che quel posto non poteva essere occupato da me, senza pubblicizzare la vicenda, e mi sistemavano al posto che mi hanno poi indicato. Se l’obesità è una invalidità, così come dicono, sarebbe giusto fare un up grade e cambi magari il biglietto. Tutto questo non mi sembra giusto».

Un giornalista, per lavoro o divertimento viaggia molto. Le è mai capitata una situazione come questa in altre circostanze? «È la prima volta che mi accade. Ho viaggiato con varie compagnie aeree, compresa ITA, e non mi era mai accaduta una cosa del genere. Racconto questo episodio soltanto perché si prenda coscienza che bisogna comportarsi in un certo modo e perché non accada più a nessuno. Le assistenti di bordo hanno applicato il regolamento, e non critico questo, ma ci sono modi e modi di comunicare alcune situazioni che non devono essere per forza offensive e umilianti».

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